LA GUERRA NELLA MIA ZONA....
ANEDDOTI
E
CURIOSITÀ SULLA SECONDA GUERRA MONDIALE,
VISSUTA
NEL
NOSTRO TERRITORIO..
DA UN' INTERVISTA A MIA ZIA,
ALCUNI RACCONTI DEGLI ANNI DELLA GUERRA.
1. Il "Pippo" e lo scenario della Guerra.
Da Gualdrasco
(paese accanto alla frazione di Vidigulfo "Pontelungo") si potevano vedere
bene i bombardamenti che colpivano Milano e i territori limitrofi.
La paura era tanta, naturalmente, guardando i bagliori e sentendo i rimbombi in lontananza, come un terribile temporale.
Molto più vicino, anzi, sulle nostre teste, volava qualche aereo, o anche uno soltanto, antitedesco: il "Pippo".
Il suo rumore era inconfondibile e pauroso; si spegnevano le candele e si chiudevano le imposte, di notte, affinché chi sorvolava il paesino non notasse le luci e non vedesse nitidamente le abitazioni.
Molti abitanti
correvano fuori dalle loro case per paura di essere bombardati, come stava
avvenendo a pochi chilometri, a Milano.
2. Le colonne
Molte volte passavano colonne di soldati e automezzi sulla Vigentina, verso Milano oppure verso Pavia, passando per Pontelungo.
Ricordo due episodi significativi:
Una volta passò una colonna di alleati, diretta verso Pavia.
Nei pressi di Bornasco (o Zeccone) viene attaccata dai tedeschi, ed anche in questo caso si poterono sentire gli spari sin da Gualdrasco.
Una seconda volta, qualche tempo dopo, passò una colonna di tedeschi, diretti verso Milano durante la ritirata.
Sulla strada si trova ancora oggi una vecchia cascina, con un grosso cancello (di un cortile ormai abbandonato). Esso è ancora adesso piatto e chiuso nella parte centrale, ma a griglia aperta nella parte inferiore.
Quando la colonna di tedeschi passò di la per la ritirata, notarono molte gambe attraverso le sbarre del cancello, e spararono dei colpi uccidendo una donna.
Erano rifugiati e
sfollati della zona di Milano, nascosti in quel cortile.
3. Il "miracolo" di Gualdrasco
Difficile stabilire se si trattasse di furia, vendetta, sadismo, paura... o un insieme di tutto questo, ma i tedeschi in ritirata sembrava volessero lasciarsi il nulla alle spalle.
Fu così che un giorno piazzarono l'artiglieria su un terreno rialzato, più o meno strategico, e puntarono le bocche dei cannoni contro Gualdrasco, un paesino di poveri contadini e mugnai.
Fu il parroco che, facendosi coraggio, forse conoscendo meglio le lingue o avendo una posizione leggermente più autorevole, riuscì a dissuadere i nemici e a convincerli che a Gualdrasco non c'era mai stato nulla da "conquistare" o, peggio, non c'era più niente da rovinare.
Tuttavia, un
soldato entrò in casa di un signore anziano e rubò i salami appesi al
soffitto. Il povero nonno, sdraiato a letto, chiese: "chi l'è, ch'i ia paga?"
("chi è, che li paga?).... e il soldato rispose: "paga Badoglio!".
4. Una buona azione ripagata
Un giorno, una signora che abitava vicino a mia zia doveva recarsi in ospedale
per partorire, ma aveva timore dei soldati occupanti.
Il mio bisnonno Mario decise quindi di chiedere personalmente ai tedeschi di accompagnare la donna in ospedale.
Essi accettarono, ma vollero trattenere Mario come "ostaggio", come garanzia.
Fortunatamente l'episodio si conclude con un lieto fine.
Ma c'è di più. Infatti, tempo dopo, il mio bisnonno Mario fuggì dalla Jugoslavia per tornare al suo paese.
Un fittavolo di Siziano però denunciò la sua fuga e Mario fu arrestato e portato in prigione a Pavia e successivamente a Trieste, per essere poi deportato.
Sua moglie, la mia bisnonna Lina, si recò a Trieste con altri parenti per fargli visita (Mario rimase in prigione per circa 7 mesi).
Ma, fortunatamente, quella stessa signora che Mario aveva aiutato ad accompagnare in ospedale per il parto, comunicò tutto a suo marito, un Capitano di Trieste, il quale riuscì ad ottenere la scarcerazione del mio bisnonno.
5. La storia di Alfredo
Mio
padre era nato a Vidigulfo nel 1920 e, quando nel 1940 partì per la guerra,
abitava e lavorava alla cascina Bichignana.
Dopo l’8 settembre 1943, come la metà dei soldati italiani, abbandonò le armi e tornò a casa in borghese.
Gli ex alleati nazisti però, con i repubblichini fascisti, iniziarono le ritorsioni.
Quando una mattina dell’autunno 1943 suo fratello, che rientrava da Vidigulfo, vide arrivare in lontananza una camionetta militare, corse a casa ad avvisare mio padre che fuggì nei campi verso Vairano. I fascisti minacciarono mia nonna per farle rivelare dove si trovasse il “disertore”, ma lei rimase muta; allora la portarono in guardina a Pavia per un giorno e una notte.
Nel frattempo mio padre, preso dai morsi della fame e dalla pietà per la madre, si fece catturare dai fascisti; questi lo passarono ai tedeschi che stavano cercando manodopera per la ricostruzione delle parti danneggiate del Ponte della Becca a causa dei bombardamenti.
Fu così che, con i mitra dei nazisti puntati, mio padre contribuì alla ricostruzione del Ponte della Becca sul Po.
[Prof. A. Mascherpa]
(un ringraziamento al mio prof. A. Mascherpa
per questo racconto)