All’indomani delle Cinque Giornate di Milano i vari Comuni Lombardi diffusero velocemente l’appello alla cittadinanza affinché si attivassero per “spingere” gli Austriaci a casa loro.

Tra i primi ad entrare in Pavia, abbattendo la barriera confinaria del Gravellone, vi fu Goffredio Mameli che, alla testa dei suoi, inseguì gli austriaci nel Lodigiano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sentenza di condanna a morte del pavese Giovanni Morosi, stampata dalla tipografia Bizzoni a fucilazione avvenuta.

Giovanni Morosi aveva due figli maschi ancora piccoli, i discendenti sono oggi sparsi nella provincia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I fermenti giovanili di cospirazione a Pavia erano abbastanza consistenti.

Grazie alle numerose spie spesso venivano segnalati per una parola di troppo o per amicizie compromettenti.

Era allora arrivato il momento di far fagotto e scomparire.

I sospettati per preparare la loro fuga nel Piemonte sabaudo si recavano in una certa osteria di Porta Nuova dove contattavano un patriota e sovversivo di poche parole:

 Luigi Rizzini

Tabarro nero, cappellaccio nero, gran barba incolta e  stivali di pelle, Rizzini era un fiumarolo, un barcaiolo provetto e veloce che si prestava, spesso, a traghettare questi giovani in cambio di un paio di bottiglie di vino o anche per nulla, se capiva che erano senza soldi.

 

Una mano ignota dell’epoca ha schizzato un ritratto, ovviamente volutamente
irriconoscibile, del Rizzini, uomo ruvido e incolto ma ottimo patriota che non sopportava il giogo Austroungarico.
 

 

La notte fissata, rigorosamente senza luna,  da Porta Nuova, con a bordo i due o tre giovani accucciati, si staccava silenziosamente e remava veloce  in diagonale sino a raggiungere il Canale Gravellone.

Il punto di sbarco era segnalato da una fioca  lanterna sulla baracca di un amico e i giovani, toccata terra, attraverso le boscaglie, raggiungevano il confine con il Piemonte,  all’epoca a poche centinaia di metri dal punto di approdo.

Il Rizzini, quella notte,  dormiva nei boschi e il mattino seguente, caricata la barca di legna, ritornava lentamente e con noncuranza a Porta Nuova.

Qui trovava ad attenderlo le guardie austriache  "Dofe essere tu stato questa notte ? dire, ja...."

La risposta era rigorosamente in pavese, quasi divertente, ma incomprensibile per gli stizziti austriaci: il Rizzini indicava il carico e rispondeva candidamente “..ma ho n’dat a fa legna, no ? …