Le Macchiette di Pavia e dintorni

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Tratto da "Care Macchiette Pavesi" di P. Marabelli e "Giuàn al màt" di A. Faravelli

 

 

A Porta Garibaldi, a destra dello chalet del Tiro a segno (ove oggi sorge l'Istituto Tecnico Bordoni) vi era una stamberga dove, tra il sudiciume e gli stracci, viveva una vecchia fruttivendola, che aveva come compagnia inseparabile una capra, per cui il popolo l'aveva soprannominata "La Becia Ninin".

Seduta davanti ad uno sgangherato tavolo, con poca merce da vendere, circondata da alcuni gatti, stava la Ninin (Giovannina).

Non mancava d'inverno il fuocherello, anche se la Ninin era completamente infagottata di stracci.

Si dice che il suo vestiario, in ogni stagione, se lo portasse sempre addosso.

Era zimbello degli scherni dei monelli, i quali cantilenavano, per farle dispetto:

"La Becia Ninin la fa i gatin

la fa i gaton la Becia Ninon."

Irritata dalle loro screanzate intemperanze, non esitava a lanciare tizzoni accesi, frutta bacate, unitamente agli epiteti più sconvenienti.

Metteva compassione e non di rado era aiutata dal buon cuore dei Pavesi che le passavano di fronte per andare a commemorare i propri morti al Cimitero.
 

La Bècia Ninin