amico di Gianni Brera    

TOTO  MOLINA

gran filosofo del mangiar bene

 

Come ognuno sa il tempo passa inesorabilmente e del passato vissuto rimangono solo i ricordi. Belli o brutti che siano i nostri ricordi spesso fanno anche cultura e, perché no, pure quella culinaria quando si tratta di Vittorio Molina, alias Toto, pavese purosangue e prestiosa firma dell’enogastronomia nazionale.

L’ultima persona che salutò Gianni Brera, al Sole di Maleo cinque minuti prima dello stramaledetto evento che lo rubò alla pavesità e al mondo intero, fu proprio il nostro Molina che giunse poi sul posto con la sua vettura alcuni minuti dopo.

«… erano le 3 della tragica notte del 18 dicembre 1992, ci salutammo, Gioànn mi guardò con occhi contenti e sorridenti … “Toto, non facciamoci regali per Natale, il regalo ce lo facciamo vicendevolmente tutte le volte che ci troviamo”».

Toto Molina è il mitico presidente del Cenacolo pavese del vino e, tra gli altri suoi numerosi meriti, è uno dei fondatori del Sodalizio dei Cavalieri della Zuppa alla Pavese e Alborella dove riveste la carica di Saggio Cavaliere.

Nei suoi tempi liberi si è sempre buttato a capofitto nella sua passione e, da solo oppure insieme con i personaggi nazionali più prestigiosi, cuochi e giornalisti tanto per intenderci, nel campo della cucina e dell’enologia ha tenuto conferenze e riempito numerose pagine di riviste del settore e pubblicato diversi libri dove, a detta di Gianni Brera “brilla la sua omogeneità stilistica e lessicale tanto che, l’illustrazione dei suoi progetti è talmente efficace da asciugare completamente il mio pozzo dell’acquolina”.

I titoli dei libri che hanno avuto maggior successo sono :

Seguendo le stagioni – Al sesto girone – I dolci con il cioccolato – Cucina d’amore – La cucina tra i vigneti – Ricette di rane – Chiocciole o lumache? … e mi fermo qui altrimenti riempirei lo spazio riservato alla vetrinetta.

Pavia, la sua storia, le sue tradizioni, i suoi abitanti hanno sempre entusiasmato il nostro Toto Molina per cui mi pare più logico lasciargli, a rota libera, lo spazio che si è ampiamente meritato per tutto quanto ha regalato alla pavesità !

«Com’era bella Pavia come la cantavamo nei canti goliardici oppure ricordarla con uno degli stupendi Acquerelli vergati da monsignor Cesare Angelici: andar per osterie e ricordare con Lui: “il Cantinone”, incavernato nella via delle Torri al numero 2 - la celebre “osteria del Merlo” una delle più pavesi e cittadine – l’”osteria del Falcone” antichissima dove alla fine del ‘500 alloggiò Michelle Montagne, in giro per l’Italial’”osteria del Voltone” – “i trì Basè – e, insieme con Lui, concludo asserendo che “l’osteria di una volta oggi non c’è più … e Pavia è più povera!».

«E, tu che hai la fama di essere filosofo, anche se lo sei del magiare e bere bene, di Pavia e dei suoi figli cosa ne pensi?».

«Mi mancano quella nebbia densa, protettiva e le belle giornate di primavera, in aprile. Comunque continuo ad amarla e appena posso parlo il suo dialetto, guardo dall’alto i soavi tramonti sul Ticino e la splendida “muntagna ad quadrel rouss”.

Per quanto concerne i Pavesi, per spiegare come sono, basterebbe aver ammirato una piccola vignetta del compianto e mai dimenticato Dante Zanetti su un “Numero Unico” di anni fa.

Nella vignetta è raffigurata piazza S. Michele, al centro due persone: a sinistra un pavese, sulla destra un tedesco obbligatoriamente in calzoni corti, sandali con calze e uno zainetto in spalla.

Dice il tedesco: “io essere venuto a piedi di Germania per federe vostro San Michele”.

Risposta del pavese: “bràvu ciula”!».