raffinato pittore pavese

FRANCO FRASCHINI

il poeta dell’ arte storica


Ha cavalcato con successo tutta la metà del secolo scorso e tutt’ora sa esaltare con le sue pennellate poetiche chi è intenditore o semplicemente appasionato dell’arte vera.

L’architetto Franco Fraschini è sempre stato un raffinato protagonista della sua innata passione artistica che ha perfezionato frequentando prima il Liceo Artistico, poi l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.

Alla sua prima mostra, nel 1951 alla Galleria Lo Spettatore di Pavia, ne sono seguite tantissime, ha avuto ambiti riconoscimenti ed è tra i pochi pittori pavesi ad aver beneficiato del consenso di affermati critici nazionali che lo hanno magnificato su quasi tutti i media nazionali.

Non sono un critico d’arte ma questo talentuoso pittore pavese mi ha sempre affascinato e l’ho sempre immaginato come un archeologo post-moderno che con sapiente lentezza si aggira tra le stanze della memoria catturando barlumi di ricordi o sensazioni poetiche.

Nelle opere di Fraschini è intenso il fascino custodito in ciò che ha violato, intercetta tracce avulse da ogni contesto: tessere di un puzzle che non è possibile ordinare, frammenti che esibiscono una suadente grandezza.

Probabilmente Fraschini ha innato il desiderio di riscoprire momenti dell’antichità, anche e forse soprattutto pavese ma anche la consapevolezza che questa antichità può essere recuperata solo per schegge.

Ammirando i suoi molteplici piccoli capolavori mi vien da pensare che questo artista ha studiato profondamente ciò che si nasconde in questo passato remoto per dar vita a narrazioni pittoriche dal forte valore lirico assemblando visioni e apparizioni, tra stratificazioni e rimandi. Ha saputo anche allestire cattedrali figurative nelle quali si accatastano rimembranze medioevali tipicamente pavesi.

Detto questo mi sembra più giusto, per dar più visibilità alle qualità artistiche di Franco Fraschini riportare alcuni “datati” giudizi di critici d’arte ma anche di grandi e consideratissime glorie della cultura pavese.

 

- Le sintesi di Fraschini sono la risultante di una sua maturazione professionale ed artistica avvenuta attraverso il contatto con realtà diverse e delle quali egli ha scelto gli spunti più romantici fissandoli attraverso il disegno preciso, i contorni chiari e rinforzati, le positure ferme. – questo è il bel giudizio fornito dal critico d’arte Ermete Bernuzzi – Sono queste, in genere, le realtà che stanno scomparendo e come elemento fisico e come elemento umano oppure sono monumenti che, come simboli di una fede o di un’idea, sfidano il tempo. -

- Con una serie di quadri dipinti con la tecnica della pittura acrilica Franco Fraschini ha ripreso l’attività pittorica che aveva abbandonato anni fa. – ecco una precisa constatazione del critico d’arte Renato Ranghini apparsa su D’ARS, prestigioso periodico d’arte contemporanea – Raffigura frontoni di chiese romanico-lombardo che dipinge sotto lo stimolo culturale locale dell’ambiente in cui vive e lavora, ambiente tipicamente lombardo. Nel soggetto religioso delle chiese, intese come abitazioni spirituali, ricerca il concetto umano della vita -.

- Una squisita capacità compositiva ed una eccezionale sicurezza di tratto fanno della linea la protagonista incontrastata sia dei quadri che dei disegni. – è Dario Morani, il più grande poeta pavese del secolo scorso che lo scriveva più di trent’anni fa – Tutto diventa funzionale alla linea e ad essa subordinato, perfino i colori; in questo modo Fraschini crea delle atmosfere particolari, modernissime, rigorosamente costruite eppure irreali, ed è certamente questa la sua poetica -.

La conclusione la lascio, com’è giusto che sia, alla più grande penna giornalista italiana vivente, tutta pavese per nostro vanto e gloria, cioè Carlo Rossella, che ha espresso il suo significativo giudizio e le sue considerazioni sulle pagine di Panorama.

- Gli umani non appaiono nelle tele enigmatiche di Franco Fraschini. Si avvertono, vivono al di là delle cornici. L’artista, descritte le loro tracce, ne immagina le vicende, ne intravede gli umori e gli amori testimoniati da graffiti incomprensibili, o da carretti vuoti, abbandonati in Piazza Petrarca. Le ruote, così perfette, girano senza essere spinte da nessuno nel deserto dell’antico centro storico di Pavia -.