UGO BENSI
POETA E COMMEDIOGRAFO, PAVESE DI SUCCESSO

Pavia, quando nevica, è un incanto. Peccato che quando smette nessuno la pulisce ed i marciapiedi, se il termometro va sotto zero, diventano una pista di pattinaggio.

Mi verrebbe da dirne quattro al Sindaco ed all’ Amministrazione ma, poichè è stato così da sempre, ne vale la pena ? Però, un po’ di sale avrebbe evitato parecchi ruzzoloni !

Sto faticosamente percorrendo Via Belbello, una trasversale innevatissima di Via Olevano e suono il campanello di Ugo Bensi. Entro in casa e, dalla porta finestra del balcone entra un timido raggio di sole.

Se venivi a trovarmi fra un paio di giorni non avresti avuto problemi. – mi accoglie sorridendo – Spalare la neve è uno dei lavori più inutili, prima o poi arriva il sole ed il gioco è fatto.

Questa lapalissiana filosofia pavese è quanto mai opportuna e la mia amarezza svanisce nel nulla.

Ugo mi mostra orgogliosamente molti dei trofei e degli attestati che gli hanno consegnato in occasione di una trentina di premi vinti sia nei concorsi di poesia, sia di narrativa, sia di lavori teatrali. L’ultimo riconoscimento lo ha avuto a Broni; lo scorso anno, infatti ha vinto il 3° Festival Provinciale del Teatro Dialettale con la commedia La butega dèl patè, dove patè sta a significare rigattiere.

Ha cominciato, a tredici anni, a scrivere poesiole in dialetto pavese e da vent’ anni non fa altro che scrivere, scrivere, scrivere. I suoi più appassionati fans sono le due figlie ed i cinque nipoti fra i quali, in campo artistico, si evidenzia Maria Chiara Montagnari, ballerina classica della Scuola di Danza della Scala di Milano.

Ha pubblicato Pavia e la sò stòria (Il Regisole Ed) - I Spus Prumìs (Il Regisole Ed), che è la traduzione nel nostro dialetto del capolavoro di Alessandro Manzoni - I Aventùr ad Pìnochio (Ed. Selecta), cioè la traduzione del libro del Collodi – Una ròsa in Tesìn, poesie dialettali – Che bòta, sempre poesie dialettali come quelle di Minosse (Industria Grafica Pavese).

Bensi è anche autore ed attore di commedie dialettali che hanno avuto tutte uno strepitoso successo. Oltre alla già citata La butega dèl patè, tutte rappresentate dal Gruppo Teatrale di Città Giardino, ha scritto Quand g’hè l’àmur gh’è tùtt ! – Ustarìa cun balera – Psìgon ad vìta cuntadìna mentre, rappresentata in Lomellina da una Compagnia Dialettale di Sannazzaro dei Burgondi, una dozzina d’anni fa, ha scritto Indè cagh n’è an ni và, ovvero Quand as nàsa furtunà.

Ho assistito ad un paio di rappresentazioni e mi sei piaciuto come attore, se non sbaglio sei specializzato nelle parti di prete.

E’ vero, dicono tutti che se avessi avuto la vocazione sarei stato proprio un bel prete e ti assicuro che quando indosso, in scena, l’ abito talare mi sento veramente importante.

Ma tu sei importante, importante ed eclettico. Solo una mente geniale come la tua poteva pensare di tradurre in dialetto pavese I Promessi Sposi e Pinocchio.

Ho scritto tante cose e continuo a farlo, solo che ora, invece della macchina da scrivere, uso il computer. Ma che faticaccia !

Cos’ hai in cantiere per la gioia dei tuoi numerosi ammiratori ?

Un romanzo storico ambientato ai tempi delle Crociate, cioè Teodosio, il luogotenente di Montalanno; un romanzo semiautobiografico sull’ 8 Settembre 1943, Lo Zaino di Orso ed un altro romanzo, ambientato ai tempi della Liberazione che chiamerò Il Sacrificio di Giuliana. Questi romanzi, o racconti brevi che dir si voglia, sono praticamente pronti per la stampa, manca solo l’ Editore.

Ugo, da buon attore qual è, ha la parola facile e lo si ascolta che è un piacere. Vengo a sapere che, come esperto del dialetto pavese, è stato invitato in tutti gli ordini delle scuole pavesi per dare agli scolari una piccola dimostrazione della sua scienza ed è rimasto molto impressionato dell’ interesse che ha riscontrato. Purtroppo, però, il dialetto è un po’ troppo snobbato nelle famiglie.

Ugo, come intendi accomiatarti dai Lettori de Il Punto ?

 

Pàvìa...Pàvìa, meravìgliusa Pàvìa !

At sèt la mè stupenda cità

e am sent urguglius e unurà

da vès nasù chì, in mes'ai tò cà.

Sa pudìsi paragunàt a una fiulata

at disarìsi ca sum inamurà

parchè i tò munùment, al tò fiùm, i tò strà

am fan restà lì incantà !