DON DOMENICO ZUCCA  ( "Dondo" )                                       Tratto Dal libro di Don E. Maggi

Personaggi della Religione

Pavia e dintorni - Personaggi della Religione

                             

Come presentazione ricopiamo parte della Prefazione scritta dal professor Xenio Toscani, docente di Storia Moderna presso l’Università Cattolica di Brescia, al libro che don Ernesto Maggi, Rettore dell’ Almo Collegio Borromeo, ha scritto in memoria di don Domenico Zucca (“Dondo” per tutti), spinto a scriverlo per le ripetute richieste di molti abitanti del Borgo Ticino desiderosi che rimanesse, per loro e per i loro figli, una memoria del sacerdote che per decenni era stato il loro parroco.

Domenico Zucca nacque in un contesto di vita della campagna pavese nei primissimi anni del secolo scorso: una cascina, la corte, la famiglia di un cavallante; i solidi affetti familiari, ma anche la povertà, le privazioni: una severa scuola di vita.

È lo stesso mondo di altri grandi preti, nati a cavallo tra Otto e Novecento nelle cascine della pianura lombarda e radicati nella grande umanità contadina: penso a don Cesare Angelini, a don Primo Mazzolari, a don Pianzola, e, per andare un po’ più su nella scala della santità, a don Orione e ad Angelo Roncalli.

La vita del giovanissimo seminarista (entrato in seminario a 10 anni) non è facile, né sotto il profilo materiale (la retta è troppo alta per le risorse della sua famiglia), né sotto quello psicologico (a quell’età la lontananza dalla madre è pesante e al ragazzo ogni tanto scendono le lacrime). Ma la educazione familiare lo ha abituato a farsi forza e ad avere pazienza.

Quando don Domenico affronta gli studi liceali e poi teologici il Paese affronta la prova della Grande Guerra e subito dopo delle fortissime tensioni sociali, che agitano profondamente anche le campagne.

Appena ordinato, nel 1923 don Domenico è posto a dirigere l’oratorio S. Michele, creato per sostenere l’educazione e la vita cristiana dei ragazzi di un quartiere popolare e densamente abitato, a fronteggiare la concorrenza del ricreatorio laico radical-massonico Felice Cavallotti, in un contesto parzialmente secolarizzato, in cui non mancavano una viva animosità anticlericale e una disaffezione dalla pratica religiosa abbastanza rilevante.

In pochi anni di creativa attività “Dondo” rovescia la situazione e fa dell’oratorio un centro attivissimo e pulsante di vita giovanile, un polo educativo multiforme e ricco.

C’è naturalmente la catechesi, la preghiera, la vita liturgica; ma ci sono poi lo sport, la ginnastica (guardata con gelosia dal regime), la musica, il teatro, la biblioteca, il doposcuola, e, naturalmente, l’Azione Cattolica e la S. Vincenzo.

L’esperienza dell’oratorio S. Michele appare così un fenomeno di rilievo nella Chiesa e nella società pavese del ventennio, poiché nella nostra città ridimensiona di fatto le pretese totalitarie del regime, gli sottrae centinaia di giovani, brilla di luce propria e diversa.

Nella vita di “Dondo” questi anni fondamentali e intensissimi appaiono tuttavia come una fase di preparazione a quanto la Provvidenza gli chiederà a partire dalla fase dolorosa della guerra, in uno dei quartieri più colpiti della città, il Borgo Ticino.

Il Vescovo lo nomina subito parroco di una chiesa semidistrutta, sacerdote senza casa tra altri senzatetto, e qui don Domenico mostra la sua fibra umana e cristiana, diventa come una icona del ruolo della Chiesa nel paese in guerra e in ricostruzione.

Nella fase finale della guerra, nel crollo delle strutture politiche del regime, nel disastro anche materiale, la Chiesa, presente e stabile, vicina alla gente, assume un ruolo fondamentale.

La paternità e la carità di don Domenico non conoscono preferenze: uomo di Dio, è un sostegno per qualunque uomo, assiste tutti coloro che sono nel bisogno, anche se non credenti, e nei momenti bui delle vendette politiche, subito dopo il 25 aprile, quando la rabbia degli oppressi si sfogava contro gli antichi oppressori, aiuta e protegge chi ora rischia di essere ucciso.

Negli anni difficili della ricostruzione, quando un posto di lavoro e uno stipendio regolare sono un problema, egli cerca e trova lavoro e assunzioni anche ai non praticanti, anche ai “rossi”, che sono tuttavia suoi parrocchiani e bisognosi.

Don Domenico fu in anni difficilissimi parroco di un quartiere difficile, tra una popolazione con spiccate caratteristiche psicologiche e culturali, che ne fanno quasi un corpo a sé nel contesto cittadino.
 

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Don Domenico Zucca, con Giuliano Manenti, Il "Bomba"