MARCO ALBERTINI - l'uomo della Carona                                                         di cagi46

Pavia e dintorni - Personaggi della Pavesità

In tanti conoscono Marco Albertini come la persona che ha “ridato vita” alla Roggia che fu, come disse Mons. Gianani, “L’ancella della città“. Ma pochi conoscono il giovane Marco Albertini per quello che è e per come è arrivato ad essere uno dei personaggi più legati alla Pavesità….

L’ho conosciuto in una calda sera d’Agosto, e gli ho chiesto di parlarmi di sè….della sua adolescenza, della gioventù, della passione per l’acqua….
Mi ha incantato, mi ha trasportato nei suoi ricordi, mi ha fatto conoscere i suoi luoghi, vivere le sue emozioni…

Con voce poderosa e grande entusiasmo…ecco le risposte alle mie domande.

 

“Sono nato a Pavia il mezzo dì del 6 Marzo del 1979 al Città di Pavia, doveva essere proprio destino… l’aver bloccato la pausa pranzo dei dottori.....
Sono secondogenito di Carlo e Angela Albertini , genitori speciali !…hanno lo stesso cognome, ho vissuto a Pavia in via Filippo Corridoni al 6, in un palazzo trecentesco che fa angolo con vicolo San Dalmazio e la cui facciata e' un frammento della prima cerchia di mura della città.
Fu proprio in quel quartiere, fatto di un groviglio di strade e vicoli all'ombra dei caseggiati, che iniziò a crescere di anno in anno l'interesse e la curiosità per la mia città, che poi, molto più avanti negli anni, mi portò a voler conoscere e sapere quasi in modo esasperato tutto quanto riguardava le origini di Pavia.
Nei ricordi dei primi anni di vita rivedo spesso i miei nonni: ero molto legato a loro, uno era contadino e l’altro artigiano.
Nonno Battista, il nonno contadino, lavorò in molte aziende agricole nel territorio tra Bascapè, Vidigulfo e Torrevecchia Pia, poi, in età avanzata, si limitò a fare il Camparo. Nonno Pierino, che abitava a Samperone di Certosa di Pavia era artigiano, un falegname specializzato che già nel 1930 costruiva e restaurava mobili, ancor oggi suoi lavori sono presenti in importanti negozi cittadini.”

 

Marco hai dei ricordi particolarmente vivi dei tuoi due nonni?

 

“Certo… avendo ben 2 nonni che abitavano in campagna la mia testa pensava sempre ai campi, alla cascine, ai fossi, alle passeggiate campestri soprattutto con nonno Battista.
Ricordo che, facendo il camparo a Vidigulfo, era solito, il sabato o la domenica mattina, portarmi con lui nel podere della Cascina Linosa di Vairano, lungo le rogge per regolare l'acqua ai campi: si partiva da Vidigulfo, da Villaggio San Carlo con il suo biciclettone con me nel cestino.
Si andava verso Vairano costeggiando la roggia Colombana, i miei occhi osservavano millimetro per millimetro tutto il percorso, finche si giungeva al Ponte della Cascina Pasquala, continuavo a fare domande al nonno sino all’entrata di Vairano. Breve sosta nella cascina del plandron da Vairan, amico del nonno, le bestie nella stalla, le galline sull’aia, le voci in dialetto… io ascoltavo tutto e ogni volta ne rimanevo attratto anche se non capivo nulla: oggi so di avere ricevuto da quelle voci un tesoro immenso…. difficile da spiegare......
Poi si ripartiva per arrivare alla Linosa di Vairano dal Carletto il “fittavolo” della Cascina; raccolte le istruzioni si andava a regolare l'acqua ai campi.
Il nonno, quando scendeva dalla bicicletta, mi metteva seduto in centro alla stradina sterrata, sull'erba mai calpestata, si metteva all'opera sulla chiusa e mi diceva “ti sta li nehhh ve nò arenta perchè salta föra la madalena!”
Ma io ero talmente curioso che poco dopo mi avvicinavo alla ripa e praticamente prenotavo delle belle sculacciate prima in diretta da lui e poi “in differita” al ritorno a casa, dalla nonna Lucia.”

 

Quindi tu passavi i sabati e le domeniche dai nonni, e gli altri giorni?

 

“Andavo all'asilo dalle suore dell’istituto Gandini in Corso Mazzini a pochi passi da casa mia, nello stesso Gandini ho fatto le elementari. In tutta sincerità non ho mai avuto tanta voglia di studiare, pensavo sempre alla macchine della falegnameria del nonno o all'acqua in campagna, alle cascine, alla Linosa....
Ricordo che mentre tutti i miei compagni giocavano nel cortile grande io mi isolavo e piano, piano curavo suor Giacinta o suor Tiziana che andavano a raccogliere le uova nel pollaio dell'ortaglia delle suore, e io sempre dentro a vedere le galline… cosi, poi, mi aspettava la punizione dalla maestra Piera. Ma credimi, era più forte di me, in quel bellissimo giardino mi sembrava di non essere più in città era come se in un attimo mi fossi trovato alla Linosa a Vairano, …mancava solo il laghetto e il nonno.”

 

Marco si vede che per te i nonni sono state figure molto importanti, è bello sentire le tue parole di sincero affetto nei loro confronti.

 

“Si, è vero, potrei parlare per ore dei miei nonni. Tutti i Sabato sera veniva a casa nostra a mangiare nonno Pierino che era rimasto vedovo di nonna Maria prima che io nascessi e mi portava sempre una borsata di legnetti, ritagli o scarti, per giocare. Ricordo che una sera ne avevo da parte talmente tanti che gli ho riempito il salotto a mia mamma, erano tutti in piedi millimetricamente: se ne cadeva uno cadevano tutti.....un disastro.
Ma gli anni passavano e a distanza di poco tempo l’uno dall’altro i miei adorati nonni vennero a mancare, prima nonno Battista e poi nonno Pierino. Per me era come se si fosse fermata una giostra, da allora ogni anno quando la scuola finiva, a Giugno, i genitori portavano me e mio fratello Fabio a casa della unica nonna che ho ancora oggi , la nonna Lucia che abita a Vidigulfo.”

 

Per te era un importante ritorno alla campagna…

 

“Si, ricordo gli interminabili giochi in corte con gli altri bambini coetanei e non, ma io facevo “il salto in banco” un po’ in corte un po’ lungo la roggia Colombana. Le nonne della corte facevano di tutto per evitare che i bambini si avvicinassero a questa roggia, ricordo che dicevano in dialetto " ande' no a tac a la Culumbana… ca ghè la Madalena ch’av tira denter! giamò dü fiö ià purtà suta".
Ma cosa era la Madalena ?
“Dicevano che era una entità presente nella roggia e che afferrava i bambini presenti sulle rive….nessuno osava avvicinarsi, ma io si.....era come se la roggia mi attirasse come se ci fosse ancora il mio nonno Battista a difendermi, io non ho mai creduto alla Madalena.
Purtroppo poi mi costava perchè qualche altra nonna della corte mi vedeva e avvisava mia nonna: " Lucia! va che al to Marco lè dré a la Culumbana!".
Come sentivo la voce alterata di mia nonna che mi veniva incontro sapevo che non c'era più speranza.. ero fritto… mi aspettava la penitenza......tanta e …dolorosa! Ma dopo qualche giorno la Colombana era ancora mia.....”

 

Eri proprio innamorato della natura, della tua Colombana e dei momenti passati con tuo nonno !

 

“Si, e lo sono ancora, ricordo ancora un bellissimo episodio che succedeva la sera prima di andare su in camera a dormire nel lettone con la nonna, io dormivo dalla parte del nonno e al mio fianco la nonna, mio fratello nel lettino vicino al lettone.
Si andava a letto senza discutere alle 22.30, la nonna ci consentiva solo di vedere la sigla iniziale del programma televisivo “Indietro tutta” poi si saliva in camera, ci si lavava i denti e poi a letto.
Era consuetudine con nonna dire le preghiere tutte le sere prima di distendersi nel letto, ma io facevo un'altra cosa: guardavo dal balcone la roggia Colombana che era di sotto e nonna si avvicinava e guardavamo dal balcone verso la Cascina Linosa dove il nonno andava a regolare l'acqua in qualsiasi orario.
Ricordo che si vedeva un puntino luminoso in lontananza, forse era un lampione attorno alla cascina, che non si vedeva sempre acceso, e la nonna mi diceva che era il nonno che stava regolando l'acqua....ma mio nonno non c'era più, ma io ogni sera guardavo in quella direzione.
Pochi giorni fa sono stato a trovare mia nonna, era pomeriggio e affacciandomi da quella finestra, dopo anni e anni, mi e' sembrato di sentire ancora il profumo di quei lontani anni.”

 

E tornando alla tua esperienza scolastica, terminate le elementari al Gandini, cosa hai fatto?

 

“Finite le elementari al Gandini, ho iniziato le medie al Pascal sempre in Corso Mazzini, la voglio di studiare non mi era venuta ma la curiosità di sapere tutto sulle cose che mi attiravano era molta.
Sono sempre stato un po’ isolato dai compagni forse perchè io vivevo in un mondo tutto mio e parlavo spesso in dialetto, cosa che i professori riferirono a mia mamma invitandola a insistere per farmi perdere il vizio del dialetto in classe, anche se oggi è molto meglio parlare in dialetto che avere altri vizi.
Ma ricordo un episodio che per me fu di grande soddisfazione nei confronti dei “secchioni” della classe: durante la lezione di scienze la prof. Albani chiese ad un interrogato “secchione” che cosa fosse l'anemometro.
Nessuno lo sapeva, allora alzai la manina, andai alla lavagna e disegnai lo strumento usato per rilevare la velocità del vento e spiegai come funzionava, ma non solo…spiegai che cosa era il pluviometro e il barografo.
Anche la prof. sapendo che io non ero uno studioso rimase allibita che sapessi quelle cose, visto che i suoi allievi “secchioni” non lo sapevano!!
In effetti io sono sempre stato attratto dalle macchine e dal moto dell'acqua, da una vita e penso che lo sarò per sempre!”

 

Marco, finite le medie cosa hai fatto?

 

“La voglia di studiare si era ulteriormente ridotta…Dopo gli esami di 3°media, a Giugno, andai subito a lavorare, mi piaceva il lavoro d’officina e volendo imparare a saldare andai a lavorare dal fabbro Bonfante in Via San Giovannino a Pavia. Tutto quello che il sign. Bonfante mi insegnava e mi diceva per me diventava un tesoro, portammo a termine importantissimi lavori in città ed io ne ero fiero.
Poi arrivò la chiamata al servizio militare e quindi partii per l' 84° Battaglione Fanteria Venezia a Falconara Marittima e, dopo il giuramento, fui assegnato al reparto comando dell'artiglieria contraerea dell'esercito a Padova, con il ruolo di armaiolo.
Tornato dalla “Naja” andai a lavorare alla Cattini&Figlio, una grande azienda metalmeccanica, leader nel settore delle trasmissioni meccaniche a Casarile di Binasco. Iniziai come operaio su macchine rettificatrici per interni poi passai attrezzista sulle rettifiche per esterni e alla fine sono diventato responsabile del reparto di dentatura degli ingranaggi.”

 

Ma il tuo interesse per la campagna, le rogge, la natura, la città antica…era terminato?

 

“Come avrei potuto abbandonare il mio primo amore? A 8 anni, a Samperone, prendevo gia in mano il badilone per aiutare a spalare il riso nella buca all'essicatoio , questo se lo ricordano tutti, andavo a casa la sera tutto impolverato di polvere urticante di riso.....mia mamma dopo il bagno mi riempiva di talco mentolato!
Terminate le scuole ero un “asso” solo in Tecnica: disegnavo, disegnavo, disegnavo… le cose preferite erano le assonometrie e le proiezioni ortogonali, le sognavo di notte, poi durante quegli anni arrivai alla passione per gli impianti elettrici, avevo una vera e propria centrale elettrica “come quella di Corso” in camera mia, cavi e batterie dappertutto, cosi poi decisi di passare al fermodellismo e poi giunto ai 25 anni alla ferrovia vera e propia.
Ma la passione nel mio animo è rimasta la campagna e l’acqua che su di essa scorre.
Nel tempo libero, ancora oggi, sono sulle rive dei canali e delle rogge, spesso sono in Cascina Settimo a Bornasco, dai F.lli Broglia, parenti di lunghissimo grado, per stare vicino ai trattori, alla campagna, alla stalla, al profumo della natura. E spesso con Carlino Broglia vado in campagna a regolare l'acqua dei canali.”

 

Marco Albertini è conosciuto da tantissimi come l’uomo della Carona. Come ti sei conquistato questo titolo?

 

“Nel 2004 stavo, a tempo perso, scrivendo un testo sul Naviglio Grande e Pavese, tutto scritto a mano. Partendo dal Ticino nel Novarese, passando per Milano, ero giunto fino a Certosa e qui, facendo ricerche, mi ero imbattuto con il nome “Carona”.
È stato proprio il Carlino Broglia della Cascina di Settimo di Bornasco che mi ha fornito le prime notizie della roggia Carona.
Tra l'altro mi parlava di suoi antenati che dicevano che la Roggia Carona giungeva a Pavia e addirittura veniva usata per ripulire alcune vie cittadine.....e li ero rimasto proprio incuriosito.
E cosi: quando ero a Samperone pensavo alla campagna, alle rogge, ai trattori, alla Carona, ma, abitando in città, nel bel mezzo delle antichità era destino che, con la curiosità che avevo, un giorno mi sarei buttato nella ricerca delle vecchie radici della città e della Carona nelle sue strade.
Tornando al 2004 e alle parole del Carlino, decisi di iniziare un’interessante lavoro che per me era molto misterioso… si trattava della storia della Roggia Carona.”

 

Marco ma come facevi a raccogliere e ricordare tutte le informazioni che ti davano?

 

“A quel tempo scrivevo tutto a mano, non avevo ancora il computer.
Volevo fare tutto il possibile per conoscere la storia della Carona, così comprai un PC, uno dei migliori sul mercato, installai internet e iniziai le ricerche di informazioni nello stesso.
Fra l’altro era il mio primo computer, non l’ho mai avuto e non sapevo neppure accenderlo… ma poi, poco per volta, imparai ad usarlo.
Purtroppo nel web non esisteva nulla riguardo a Carona, ripresi allora la strada cartacea: andai in giro col bloc notes per i paesi a ricercare anziani che potevano ricordare Carona e ci riuscii: in quattro anni ho raccolto un sacco di materiale sia della roggia a cielo aperto sia di quella cittadina che in buona parte passava nel sottosuolo della città. Scattai centinaia e centinaia di fotografie e alla fine mi decisi di pubblicare tutto in un sito, in rete, dedicato appunto alla Roggia Carona”

 

Si, Marco, l’ho visto ed è molto ben fatto, per noi pavesi è veramente una pagina di storia della nostra città.
Immagino che il sito ti abbia dato delle belle soddisfazioni?

 

“La soddisfazione maggiore è stata di aver ricordato a molte persone, che ben conoscono la nostra storia, una protagonista del nostro passato che stava per essere dimenticata, un’altra soddisfazione è che tanti che non sapevano cosa fosse la Carona ora lo sanno.
L’unico dispiacere è che non sono riuscito a convincere l’amministrazione comunale a realizzare una bacheca ricordo, una lapide informativa che ricordasse ai pavesi i servigi “da umile ancella” che Carona fece per la crescita e il benessere della città. Vedi i mulini, le lavanderie del vecchio San Matteo, l’irrigazione di quasi tutti gli orti e le ortaglie, la pulizia delle strade….
Pazienza, magari o prima o dopo ci riuscirò.”

 

Ma certo, il recupero storico-ambientale è senza dubbio un passo obbligato per tenere vive le nostre tradizioni culturali e geografiche e quindi avrebbe un preciso significato il poter far vedere, soprattutto ai giovani, quale era la realtà urbana dei secoli scorsi.
E adesso, Marco, cosa stai preparando?

 

“Aspéta… non ho ancora finito con le soddisfazioni…
Un Sabato mattina di inizio primavera arriva un signore a casa mia, suona il campanello e si presenta: era Angelo Rognoni di Pavia.
È stata una grandissima soddisfazione per me incontrare una persona cosi interessata a quello che avevo pubblicato, mi chiese di metterci assieme per realizzare un documentario sulla storia della Carona ed io accettai.
Passarono mesi e un giorno conobbi anche l'Ing. Giuseppe DeBlasio del comune di Pavia , appassionato alla storia della città e alla Carona.
Mi sono allora reso conto che era d'avvero importante quello che stavo facendo e che loro erano interessati sul serio a queste tipo di ricerche; formammo così un vero gruppo li lavoro.”

 

Non mi hai risposto…stai preparando qualche cosa di nuovo?

 

“Aspetta un attimo…
Per cercare materiale da inserire nel video siamo andati alla biblioteca civica, chiedendo di consultare documenti che parlavano di Carona …e con grande sorpresa trovai che la maggior parte di quelle notizie io le avevo scritte nel mio vecchio bloc notes… e mi resi conto che il mio archivio valeva di più, per il fatto che mi era stato dettato dagli anziani, quando mi raccontavano quelle vecchie cose, con la curiosità che avevo su Carona al punto che a volte rimanevo li, fisso, a sentire… non riuscivo nemmeno a scrivere… ero troppo attento ad ascoltare.
E per quanto riguarda progetti per il futuro… in dieci anni ho percorso quasi 270.000 km su tutto il reticolo idrico pavese, ho raccolto notizie e immagini di quasi tutte le vie d’acqua del nostro territorio… Vorrei iniziare nuovi percorsi…ma ogni tanto mi chiedo ‘e per chi lo devo fare?’.
Una cosa è certa che per me, aver fatto tutto quello che ho fatto è una immensa soddisfazione!”

 

Ciao Marco, quello che hai fatto e quello che farai non è altro che un immenso segno di amore verso la tua terra e le tue origini, e non è una immensa soddisfazione solo per te, lo è anche per chi fra le righe dei tuoi lavori riscopre gli stessi tuoi sentimenti.

Ciao, Marco e grazie della chiacchierata.
Guardo l’orologio e mi accorgo che sono passate quasi due ore…e di colpo rimetto i piedi sulla quotidianità delle cose…lasciando con molta nostalgia le silenziose campagne attraversate dalle rogge dell’Albertini.


Gianni Cattagni – Settembre 2011
 

 

 

 

Roggia Carona di Pavia  di Marco Albertini

La raccolta dei vari lavori fatti

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Le Vostre Pagine  Le Vostre testimonianze, fotografie, aneddoti, ecc. che ci avete inviato.

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