1984 - IL FURTO DEL TRITTICO IN AVORIO ALLA CERTOSA DI PAVIA    

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22 AGOSTO 1984 - VIOLATA LA CERTOSA:

I LADRI PORTANO VIA UN TRITTICO DEL ' 400.

Durante la notte rubato un capolavoro unico ed irripetibile, il trittico eburneo attribuito a Baldassarre degli Embriachi, conservato nella Sacrestia vecchia  della nostra Certosa delle Grazie, l’opera scultorea più antica presente.

19 OTTOBRE 1985

RECUPERATO IL TRITTICO DELLA CERTOSA

Grazie al lavoro dei carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio artistico, dopo dieci mesi di indagini, pedinamenti, intercettazioni telefoniche, difficili "contatti" con antiquari e rigattieri legati al mondo dei trafficanti d' opere d' arte, recuperato il prezioso materiale.

 

Da fonti varie Internet,

ricostruiamo lo storico evento.

 

LA STORIA DEL TRITTICO 

 

Alla fine del 1300 il Duca Gian Galeazzo Visconti commissionò alla bottega fiorentina di Baldassarre degli Embriachi, una delle pochissime botteghe italiane di intagliatori d’avorio, un trittico devozionale inciso a formelle, in denti di ippopotamo.

Un lavoro finissimo e di difficile esecuzione, che misura 2 metri e 45 centimetri di larghezza alla base  per 2 metri e 54 di altezza.

La commissione dell’opera comprendeva, secondo gli storici, anche due arche in avorio, parte delle quali, smembrate nel settecento, sono oggi conservate al Metropolitan Museum di New York.

L’opera fu finita e consegnata nel 1409 e  ciò lo si desume dalla data delle ultime bollette di pagamento effettuate dai Certosini.

Una volta terminato e consegnato, il trittico venne collocato sull’altare dell’edificio utilizzato come refettorio e chiesa dai monaci. (da: Comune di Pavia, curiosità)

 

All’inizio del 1500, terminati i lavori di costruzione della Chiesa della Certosa delle Grazie, il trittico venne posato sull’altare maggiore, come segno di devozione (e di potenza) dei Visconti che avevano destinato la basilica a mausoleo di famiglia, affidandola ai monaci Certosini al cui Capitolo avevano legato terre, vigneti, rendite, e prebende per il loro sostentamento.

Pochi anni più tardi l’altare maggiore venne sostituito da uno nuovo e di più ricca fattura, Pasquier Le Moyne, lo vide nel 1515 decorato con “une table d’albastre tres magnifique….” e il trittico fu visto su questo altare anche da  Johann Fichard nel 1536.

A metà del ‘500, non trovando abbastanza appariscente il trittico d’avorio, i Monaci lo sostituirono con un tempietto “ricco di pietre dure, di intarsi in marmo e bronzi” e lo colocarono nella Sacrestia Vecchia. (da La Certosa di Pavia di Beltrami Luca - Milano: Hoepli, 1895, cap. IX, pag. 127).

 

COME È IL TRITTICO E COSA RAPPRESENTA

L’opera, da fine Seicento sino al momento del furto, appoggiava su una base ove, lavorati in marmo, c'erano quattro bassorilievi []: l’Annunciazione della Vergine, l’incontro con Santa Elisabetta, la nascita di Gesù bambino e la fuga di San Giuseppe in Egitto; opere tutte di Giuseppe Rusnati.

Oggi tale base marmorea è separata dal trittico e posta in altro sito.

Il trittico è costituita da un basamento su cui si aprono quattordici nicchie con statuine di Apostoli e Santi, posti ai lati di una formella centrale raffigurante “la Pietà”.

Dal basamento si innalzano tre scomparti in stile gotico: quello centrale accoglie 26 formelle illustranti la leggenda dei Re Magi secondo i vangeli apocrifi; nello scomparto di destra e in quello di sinistra 36 bassorilievi, 18 per parte, in cui sono raccontati gli episodi della vita di Cristo e della Vergine.

Nella cuspide mediana , dentro un tondo sostenuto da angeli, domina il Padre eterno in una gloria angelica, mentre in quelle laterali rispettivamente il Figlio e lo Spirito Santo.

Ai lati esterni dell’opera sono presenti due pilastrini di sezione poligonale, su ciascuno di essi, sono presenti quaranta piccoli tabernacoli, disposti su cinque colonne. In ciascuno di essi sono scolpite piccole statuine che rappresentano personaggi vari della religione.

 

Il materiale di partenza per la realizzazione delle immagini del trittico, il dente di ippopotamo, durissimo e di dimensioni limitate, comportò la necessità di unire insieme in verticale più lastrine per avere un sufficiente volume di scultura.

Si può immaginare la difficoltà, con gli strumenti di allora, di segare, incidere, scolpire, levigare e fissare alla fine, con estrema precisione sul supporto di base le piccole opere finite.

A ragione si spiega il motivo per cui il trittico della Certosa delle Grazie è riprodotto sui più importanti testi di arte medioevale, in tutto il mondo.

 

COME AVVENNE IL FURTO E COME SI ARRIVÒ AL RECUPERO

La notte tra il 21 e il 22 agosto 1984 un ladro scavalca le mura di cinta e, scassinando dall'interno la serratura del portone che delimita l'accesso all'azienda agricola certosina dalla strada provinciale, permette al resto dei delinquenti di entrare e muoversi verso le spalle della basilica.

 

Il portone sulla provinciale per Giussago >

 

 

 

 

 

< Il percorso dei ladri all'interno delle mura della Certosa.

 

 

 

 

La finestra nel lato absidale della chiesa da cui sono entrati i ladri >

Si procurano due scale e una trave prelevandole dal cantiere dell'impresa che sta restaurando la scuderia e raggiungono la finestra della sacrestia vecchia: segano le sbarre, entrano e portano a termine il colpo, usando prudenza e cautela per staccare dalle cornici le statuette e le formelle in modo da non danneggiarle.

 

La immediata convinzione è che si è trattato di un furto su commissione, operato da una banda di professionisti, con probabili legami anche all’estero.

Nel settembre 1984 si costituisce l'associazione per il recupero del trittico della Certosa, che si propone di raccogliere fondi da destinare al ritrovamento e al recupero del trittico. Viene stanziata  una ricompensa di 50 milioni di lire per chi permetterà il recupero del bene.

Il committente del furto, per diluire la possibile risonanza della vendita finale, propone ad antiquari e collezionisti la merce a piccoli lotti, ciascuno valutato tra il milione e mezzo e i tre milioni di lire.

Verso  la fine di maggio del 1985, arriva una notizia che riempie di speranza tutti i cuori: in una piazzuola fra i caselli di Portici ed Ercolano, sull'autostrada Napoli-Salerno, gli agenti della squadra mobile partenopea recuperano, abbandonate in un contenitore, nove statuette e una formella appartenenti alla preziosa opera d'arte pavese.

 

Nell'ottobre 1985 il trittico viene interamente recuperato dai carabinieri dello speciale nucleo tutela del patrimonio artistico di Roma.

Le forze dell'ordine arrestano i quadri portanti di un'organizzazione specializzata e attiva su tutto il territorio nazionale, con ramificazioni anche all'estero: una gang esperta nel furto, nello smistamento e nella vendita di opere d'arte attraverso i canali del mercato clandestino.

< I Carabinieri con il materiale recuperato.

 

Finiscono in carcere venti persone: di queste, sette sono ritenute direttamente coinvolte nel colpo della Certosa che ha ben pochi precedenti in Italia.

 

Una volta recuperato, il materiale è stato restaurato con perizia dall’Istituto Centrale del Restauro che, di fronte a pietose  riparazioni con colle e carta da imballaggio fatte nel corso dei secoli,  provvede a risanare anche quest’ultime ferite.

Oggi il trittico è conservato ancora al suo posto, nella Sacrestia Vecchia e protetto con sofisticati sistemi di allarme collegati in diretta con le forze dell’ordine; al riguardo, successivamente al furto, è stata riaperta all’interno della stessa Certosa la caserma dei Carabinieri.

 

 

Baldassarre degli Embriachi….

è accertato il pagamento del trittico da parte dei Certosini,

ma non la paternità dell’opera.

 

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